24 luglio 2008

Le ore terribili sul Nanga Parbat

BERGAMO -- “Per tutta la scalata mi è sembrato di avere davanti Karl, che mi incitava a tener duro, a fare una cosa che era arrivata da lui. L’ho fatto con il cuore e con la testa. Tutto dedicato a Karl”. Ha la voce ferma ma il cuore in gola, Walter Nones, mentre racconta dell’odissea vissuta sulla parete Rakhiot del Nanga Parbat insieme a Simon Kehrer. Ecco le toccanti parole dell’alpinista solo poche ore dopo la difficile discesa dal ghiacciaio.
Walter, Simon, come state?
Abbiamo passato dei giorni non molto belli ma la forza ci ha fatto arrivare sani e salvi qua al campo base.
Come vi sentite dopo undici giorni e dieci notti in parete?
Dopo l’incidente, la testa era concentrata soprattutto sull’arrivare sani e salvi al campo base. Decidevamo giorno per giorno quello che c’era da fare. Eravamo rimasti in due, io e Simon, e stringevamo i denti per tornare a casa.

Cosa è successo il 15 luglio?
Eravamo a 6.400 metri. La neve era molle. Karl andava avanti piano piano, sprofondava fin sopra le ginocchia e a un certo punto non si è più visto. Ha fatto un volo di circa 15 metri su un crepaccio. E sopra gli è andata tanta neve.

Voi lo avete cercato?
Sì, sì, subito. Simon è sceso, io gli ho fatto sicura, ma non si vedeva niente. A un certo punto Simon ha detto: forse ho trovato qualcosa. Ha scavato con le mani e ha visto che Karl, purtroppo, non c’era più.
Quindi lo ha trovato?
Sì, lo ha trovato quasi subito. Non saprei dirti i minuti esatti ma lui subito mi ha detto è qui. E secondo noi, ha fatto tanti sbalzi su questo crepaccio…

Cosa vi ha spinto a proseguire nella salita?
Il giorno dopo siamo stati fermi per ragionare sul da farsi, però abbiamo deciso di salire perché era molto meno rischioso che scendere per duemila metri, dove le scariche sono frequenti.

Com’era la parete sopra?
Le difficoltà sostenute erano sui primi duemila metri. Poi bisogna dire che avevamo solo due viti da ghiaccio e due chiodi da roccia, non ce la siamo veramente sentita di scendere duemila metri con questa poca attrezzatura. Quindi abbiamo preferito proseguire.

La mancanza di attrezzatura era perché buona parte ce l’aveva Karl?
No, era perché salivamo in stile alpino. Avevamo con noi gli sci, tutto il materiale e il mangiare. Quindi era una scelta tecnica, quella di non portare tanta attrezzatura.

Che cosa è successo quando siete usciti dalla parete, a 7.200 metri?
Due giorni prima sono arrivati gli elicotteri e abbiamo pensato che fossero venuti a prendere Karl, perché potesse ritornare a casa. Invece non è stato così. Abbiamo voluto salire fino in alto alla parete, e poi scendere piano piano perché avevamo studiato la via Bhul. Però il brutto tempo ci ha fermato. C’era troppa nebbia e dovevamo andare giù piano per non fare sbagli.

Con l’elicottero è stato fatto un lancio di attrezzatura. L’avete trovata?
Abbiamo dovuto scendere di circa 150 metri di dislivello e abbiamo trovato questo sacco. La cosa più importante per noi era il telefono satellitare. L’abbiamo preso con noi e appena è stato possibile abbiamo chiamato per dire che eravamo ancora vivi.

Stamattina cosa avete fatto?
Ieri sembrava bel tempo e invece c’è stata nebbia tutto il giorno. Ma appena si è aperta una piccola finestra siamo scesi come dei pazzi per cercare di arrivare al più presto al campo base. Il nostro obiettivo era ancora oggi quello di portare Karl a casa. Invece non è stato possibile. A circa 5.500 metri è arrivato l’elicottero e ci ha recuperato.
Cosa vi siete detti con Gnaro e Maurizio quando siete arrivati al base?
E’ stato bello vedere l’unione che c’è fra gli italiani quando succede una cosa del genere. Trovare un italiano e un grande alpinista come Gnaro al base è stato bello. Ringrazio ancora chi ha avviato tutta questa macchina, Agostino… lo chiamavo spesso anche durante la notte mentre dormiva per chiedere aiuti e informazioni.

Simon, la prima volta su un ottomila. Come’è stata quest’esperienza difficile, complessa e per una parte tragica?
Sicuramente è stato uno shock vedere sparire un grande amico, un grande alpinista come Karl proprio davanti a noi.

Che montagna è il Nanga Parbat?
E’ una delle più belle che ho visto fino adesso. Grande rispetto per Hermann Buhl che l’ha salita da solo e senza ossigeno. Davvero grande.
Avete depositato sotto la croce di Buhl questo piatto su cui Maurizio ha inciso il nome di Karl. Quanta emozione in questo gesto?
Più che altro – riprende Walter Nones - la perdita di un amico ti lascia dentro sempre un vuoto. Ti devo dire la verità, per tutta la scalata mi sembrava di averlo davanti che mi incitava a fare una cosa che era arrivata da lui. E l’ho fatto veramente col cuore, e con la testa, tutto dedicato a Karl.
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8 commenti:

Zion ha detto...

e c'è anche chi ha scritto che il recupero dei due alpinisti è stato vergognoso. Ma avevano il satellitare, avranno pur parlato con chi di dovere.
Non so, mi sembra tutto surreale. E' morto un bravo alpinista, che sapesse dei rischi è certo, che fosse giusto lasciare la spedizione monca su una montagna così complessa non so...di sicuro a stare in silenzio ci guadagnamo tutti.

Zion

Zion ha detto...

ps "a stare in silenzio" non era riferito ai tuoi post, OVVIAMENTE!!!

:) Anzi grazie perchè non avevo letto ancora questa intervista.

Zion

Momo ha detto...

Zion, ho pensato la tua stessa identica cosa quando ho letto di quell'alpinista che ha dato del "vergognoso" a chi ha recuperato Nones e Kehrer. Ma tu dovevi sentire la moglie di nones... Anche lei era contraria al soccorso. Ha detto che si poteva aspettare per capire se effettivamente erano da soccorrere. La gente è matta eh!

thecatisonthetable ha detto...

Non avevo ancora letto l'articolo di cui parla Zion... Mi sembra che siano tutti fuori di testa...

Ieri ero rimasta basita davanti alla reazione della moglie di Nones... mi son detta è gente di montagna, schiva e riservata... Invece ha detto anche che bisogna aspettare di capire se fossero "davvero da soccorrere"?! Boh...

Mi sembra tutto estremamente strano...

Io (purtroppo) faccio spesso troppa dietrologia, ma ho la sensazione che queste dichiarazioni, questi atteggiamenti, nescondano qualcosa che noi noi vediamo...

E' forse una colpa essere sopravvissuti al proprio capo spedizione?! O magari lo è essere riusciti a proseguire in condizioni fisiche e psicologiche davvero estreme?!

Non so...

Momo ha detto...

The cat e gli altri, se andate sul sito di Rai tre (http://www.tgr.rai.it/SITOTG/HPTGR) e guardate l'edizione regionale del Trentino, forse potete ancora vedere l'intervista alla moglie di Nones.
Io ci ho letto invece una esuberanza mostruosa nel voler sembrare degli eroi, anche se so che smacco può essere cominciare un impresa del genere e finirla con l'elicottero che ti viene a prendere. Però mi sembra così tutto assurdo...

thecatisonthetable ha detto...

Momo, scusami... non ho capito.

Chi credi voglia sembrare "eroe"?! Intendi coloro i quali hanno organizzato i soccorsi? O credi che stiano in generale amplificando troppo l'accaduto?!

Momo ha detto...

Volevo dire che la moglie di Nones ha lasciato intendere che Walter ce l'avrebbe tranquillamente fatta da solo senza elicottero. Ma così a me non sembra per come si eran messe le cose. Hai visto il servizio sul TG3? Quelli che hanno organizzato i soccorsi hanno solo fatto il loro dovere e quell'altro imbecille di De stefani ha trovato il modo di farsi notare denunciando il salvataggio a suo dire "vergognoso".

thecatisonthetable ha detto...

Ah, ok.

Purtroppo il TG3 non sono riuscita a vederlo... non partiva lo streaming. Stasera ci riprovo.

E son d'accordo con te su entrambe le cose:
1 - De Stefani è riuscito a farsi un bel po' di pubblicità gratis (cosa che magari non aveva ottenuto con le sue imprese... un filino d'invidia, magari?!)
2 - forse è vero che avrebbero potuto farcela, chissà... certo è che sono rimasti in parete per un secolo, quasi a secco di attrezzatura, e soprattutto credo psicologicamente molto provati... Condizioni, a mio parere, che giustificano (se ce ne fosse bisogno) l'intervento.

Tra l'altro, a chi dice che l'operazione pesa sulle spalle dei contribuenti intaliani, sarebbe bene dire che la spedizione era assicurata.

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