Quelli che vedete qui sopra sono i "coni" del larice, l'unica conifera che cresce anche dalle mie parti e che perde gli aghi d'inverno, assumendo colorazioni incredibili: dal verde fluorescente in primavera, all'arancio caldo in autunno che poi tramuta velocemente in rosso scuro e poi grigio. Questi coni sono delle future pigne ma prima di diventarlo, attendono di maturare per bene. Dopo circa un anno dalla loro comparsa sui rami, si aprono lentamente e lignificano diventando vere e proprie pigne. E' qui che avviene il miracolo della riproduzione: dalle fessure che si sono formate con l'essicazione, escono i semi provvisti di ala che precipiteranno al suolo, germinando. L'altra via, forse meno nobile per raggiungere tale scopo, è quella di farsi mangiare da uccelli e scoiattoli che poi defecando, rilasceranno il seme a terra.
Questi qui sotto, sono i fiori di Larice, nascono intorno a marzo aprile e si distinguono in maschili e femminili. Quelli femminili sono violacei, mentre quelli maschili sono arancio-gialli.
Questi qui sotto, sono i fiori di Larice, nascono intorno a marzo aprile e si distinguono in maschili e femminili. Quelli femminili sono violacei, mentre quelli maschili sono arancio-gialli.
E queste sono mie vecchie immagini, alcune addirittura scansioni di dia, che dimostrano la potenza creativa del larice nelle Alpi, una pianta nobile, resistente e preziosa. Un abete che ha sempre "assistito" l'uomo in montagna con il suo legname forte, che marcisce solo dopo decenni a contatto con l'acqua (è il più resistente in assoluto, non per niente viene usato per fare le fontane di legno), flessibile (potrebbe resistere tranquillamente indenne ad un passaggio di slavina), profumato. Un albero prezioso che sa colonizzare per primo aree franate da poco grazie alla sua caparbietà e robustezza, e che sa spingersi molto in alto, dove pochi alberi sono capaci di sopravvivere.
Tra non molto, verso la fine di settembre-metà ottobre, inizierà il processo di ingiallimento dei larici a partire dalle quote più elevate, e allora la mia digitale farà incetta ancora una volta di magnifici scorci dolomitici.
Bellissime le prime due foto, per me che l'estate non piace moltissimo queste immagini mi portano all'autunno con nostalgia!
RispondiEliminaChe meraviglia, grazie è quasi un omaggio personale..io mi chiamo Lara :)
RispondiEliminaMentre guardavo il post sentivo come un sapore autunnale, primo inverno, con il caminetto acceso e tutto il resto: che bellezza! Le tue foto sanno sempre suscitare grandi emozioni.
RispondiEliminaquesti colori così ben rappresentati nelle tue fotografie mi incantano. Momo, sei grande! Non mi stanco mai di rimirare le magie che riesci a immortalare.
RispondiEliminac'è anche un detto collegato al processo di ingallimento e conseguente caduta a terra degli aghi di larice: la "spinada" non resta sulla neve; ovvero sta a significare che la neve che cade prima degli aghi di larice è destinata a sciogliersi in quanto precoce..ciao Luca
RispondiEliminaguarda che non puoi chiamare "abete" il larice, sono due alberi d'accordo ma sono specie diverse. E' come se parlando della malanzana tu dicessi "questa bella zucchina..."
RispondiEliminaGrazie a tutti per i commenti!! Sono in alta montagna in questo momento e devo tagliare corto ( materiale per un prossimo post!).
RispondiEliminaAnonimo, c'hai ragione sul termine "abete" ma sai quando capita di pensare ad un termine e scriverne un altro? Volevo scrivere "conifera". Perdonami. :-)